Oggi (non era cosi’ fino a pochi anni fa) parlare di Pallagrello, bianco o nero che sia, e di Casavecchia, univocamente, fa pensare ai due vitigni casertani che in questi anni hanno risalito la china dell’oblio. Magari, poi, corre il pensiero alle dolci colline tra il Taburno e il massiccio del Matese, a un passo da Limatola e dalla bella Caiazzo e ai nomi delle poche aziende che le lavorano. Tra queste, senza dubbio, Terre del Principe, l’azienda di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini, che amabilmente gli amici chiamano “i principi”.
Ecco quanto emerso dalla doppia verticale con Luigi Moio a Terre del Principe, domenica scorsa: Pallagrello bianco e Casavecchia
Le Serole:2009 @@@@ +
Paglierino scarico. Un primo naso di mela banana e foglia di menta che poi apre pian piano alla frutta a polpa gialla appena matura e a qualche lievissima nota tropicale. In bocca è secco e perfettamente equilibrato. Un bicchiere facile, che ha tutta la gradevolezza di un pallagrello giovane giovane che nel retrolfatto regala qualche ritorno di frutta gialla (percoca) e che sembra promettere molto per il futuro.
2008 @@
Paglierino carico, quasi dorato. Solo un anno in più, ma notevoli differenze, rispetto al precedente. A riprova che il Pallagrello può avere una evoluzione anche rapida. Al naso si apre e si chiude di continuo. Quando parla, evidenzia un mix originale di note muschiate, di finocchio selvatico e frutta secca. In bocca ha un attacco morbido, anche se è poi una certa sapidità il ricordo che lascia.
2007 @@
Paglierino carico. Al naso è sintonizzato su una nota vanigliata piuttosto marcata. A tratti esce fuori quasi una nota di burro di cacao. In bocca, è un po’ una sorpresa: con una acidità non del tutto risolta che il professore Moio spiega come una concentrazione dovuta alla annata siccitosa. Si può aspettarlo per vedere come evolve.
2006 @@@
Paglierino carico, con riflessi dorati. Al naso ha una bella complessità: un fondo note mielose con delle uscite speziate (pepe bianco), di erbe officinali e foglie secche. In bocca la struttura tiene, ma manca un filo di acidità e lunghezza. Un vino sontuoso da bere ora.
Centomoggia:
2008 @@@++
Convince questa anteprima, specie se guardata in prospettiva. Il vino è rubino violaceo e impenetrabile (lo sono tutti i campioni). Davvero non si può dire che il Casavecchia, annusando i sei bicchieri, sia un esuberante, ma è certamente riconoscibile. Questo millesimo si sintonizza su note di piccoli frutti neri, more soprattutto. Impegna la bocca, poi, in maniera distesa lasciando una piacevole sensazione di aver trovato un semplice ed efficace equilibrio che gli dà piacevolezza. Un vino godibile.
Nessun segno (in nessuno dei campioni) del passaggio in legno per 12-18 mesi del 60-70% della massa, né in bocca né al naso, cosa che fa pensare a un succo che ne ha di energia da domare e che non ne esce fiaccato.
2007 @@@
Alla vista non è dissimile dal precedente. Ma al naso, alla frutta nera, assomma una nota di sottobosco. In bocca mostra ancora qualche aspetto ruvido. L’annata siccitosa, spiega Moio, in ciò trovando conferma anche nella acidità di Le Serole 2007, concentra tutto, non solo gli zuccheri. E i tannini del Casavecchia ancora non sono stati addomesticati. Non manca il carattere a questo bicchiere da riprovare.
2006 @@
Lentamente il vino vira verso il granato. Qui alcuni riflessi. Il bicchiere ha una maggiore apertura al naso, con una nota frutta matura, di prugna, in evidenza che gioca con una muschiata. C’è maggiore evoluzione, con qualche accenno di cuoio, in questo bicchiere che rappresenta l’annata piovosa, e con rese sensibilmente maggiori, con un vino un po’ scisso tra naso e bocca.
2005 @@+
Davvero sembra che più trascorrano gli anni, più il Casavecchia si apra. Qui i frutti rossi, hanno il profumo della marasca, e forma di composta. Una nota matura ricorda il tabacco fermentato. In questo millesimo, data la pioggia, racconta Moio, a un certo punto si è fortemente defogliato per far asciugare i grappoli. Il prezzo pagato è stato un’inaspettata “scottatura” dell’uva che ha tolto complessità. Nell’insieme il bicchiere è piacevole.
2004 @@@@+
“Non si può vinificare senza avere in mente il vino che si vuole realizzare” dice Moio. Questo millesimo nel quale il granato, alla vista, ormai si quasi definitivamente imposto, può essere a buon titolo un’annata di riferimento. Ecco il Casavecchia come può essere. Un campione elegante e ricco che propone note iodate, di pelle e rabarbaro. In bocca – aspetto che gli dà modernità – è meno prorompente di quel che ci si aspetta proponendo una beva semplice e poco impegnativa. In bocca è pieno con qualche ritorno speziato, sottile, e una piacevole scia sapida.
2003 @
Decisamente granato, con quei sentori iodati del campione precedente che si fanno prepotenti. La prima annata di Centomoggia è in affanno, molto evoluta, complice un’annata che ha messo in crisi molti e che per l’azienda è stata la prima. La si ama per questo: ricorda da dove si è partiti e dove si è arrivati.
Altri dettagli sul sito di Luciano Pignataro: http://www.lucianopignataro.it/a/le-verticali-de-le-serole-e-centomoggia-il-punto-su-pallagrello-bianco-e-casavecchia/15114/.