Si concluso ieri il Vinitaly. Alcune piccole novità hanno caratterizzato la 43^ edizione in Campania. La regione spegne i riflettori di Verona con una certezza: le cose andranno meno storte anche l’anno prossimo. L’installazione di Gae Aulenti che per due anni ha fatto da cielo mediterraneo al Padiglione della regione, l’anno prossimo non ci sarà. Per quanto riguarda la manifestazione, le dichiarazioni di Franco Ricci, riportate dal giornalista Franco Ziliani su Vino al Vino (vai), suggeriscono forse un ripensamento sulla formula. L’Italia dei vini “va” e non si riesce a starle dietro? Io ritengo che il Vinitaly resti un appuntamento imperdibile destinato a un pubblico specializzato. Un utente che non lo sia non trova gran beneficio ad aggirarsi in Fiera: perde il senso dell’orientamento, si aliena e non risulta particolarmente gradito ai produttori che sono fondamentalmente concentrati sul business. Ho raccontato il “Mio Vinitaly” sul sito di Luciano Pignataro (vai) (e qui), che ringrazio per l’ospitalità.
Se fosse un gioco, scrivo, questo del “Made in Italy nel bicchiere”, sarebbe un po’ come il vecchio gioco della “campana” o della “settimana”. Lanci un sassolino, e poi cominci a saltellare su una gamba, o su due, da una casella all’altra, disegnata con il gessetto bianco. In ognuna si parla di un territorio, di un vitigno, di una storia, di un clima, di una montagna, di una pianura, di uno specchio d’acqua, e cosi’ via. In ognuna ti accoglie un italiano dall’ accento diverso perché non ti venga a noia la sua voce.Il Vinitaly offre anche questa opportunità: mescolare nella propria bocca gli umori di regioni divise da qualche centinaio di chilometri e da molto più numerose differenze culturali.