Colazione a base di fave fresche con formaggio pecorino fresco che la moglie, confezionava personalmente con il latte delle mucche, pecore e capre che allevava nella fattoria di Caprera. Questo il Garibaldi a tavola raccontato in un recente convegno da Paolo Lingua, giornalista e Delegato di Genova Est dell’Accademia Italiana della Cucina.
Sebbene fosse sostanzialmente astemio, Garibaldi usava colorare talvolta l’acqua con poco vino rosso. Amava caffe’ e the.
Mangiava poca carne e prediligeva il pesce e la verdura.
Accanto a pietanze liguri come il “condiglione” con pomodori, acciughe salate, basilico e galletta strizzata, sulla mensa di Caprera comparivano: minestrone alla genovese, trenette al pesto, stoccafisso accomodato, ravioli, oltre ai piatti provenzali e nizzardi: ”bouillabesse”, ”pissaladie’re” e ”brandade” di baccala’.
Al forno Garibaldi si faceva preparare, insieme al pane e alla galletta, anche i tipici ”canestrelli” genovesi. La frutta? Rigorosamente con la buccia.