E’ facile innamorarsi della pizza fritta ed altrettanto lo è disaffezionarsi. Il fritto non perdona: o è saltante o è immangiabile. Ci vuole un buon impasto, una buona manualità nella sigillature, tanto olio fresco e atto alla frittura, la conoscenza della gestione delle temperature e della tecnica, attenzione, pazienza ed esperienza. E che sarà mai? Direte. In fondo è una pizza fritta!
Molto meritatamente questo grande classico sta recuperando posizioni nel gradimento del pubblico napoletano, o forse non l’ho mai perso. Di certo lentamente guadagna posizioni tra quelli che sono più attenti a quel che mangiano o alla linea. Sembra essersi ridimensionata la campagna contro il fritto tout court.
Un fritto ben fatto, può passare. Non è letale. La pizza fritta è femmina. Nasce fuori dai bassi, lì dove i pizzaioli nel girno libero, e le loro signore in particolare, per arrotondare tiravano fuori un banco, un pentolone e si mettevano a proporle, sin dal mattino, agli abitanti dei quartieri popolari. Al tempo non tutti potevano epermettersi un forno, né tantomeno un locale adatto. Ma nei affollati bassi della città, era semplicissimo inventarsi un esercizio temporaneo e così guadagnare qualche spicciolo, ache facendolo pagare “a otto giorni”.
La pasta era stesa, imbottita secondo il gusto del cliente utilizzando Fior di latte, Provola, Salame di Napoli, Cicoli, Pepe nero e qualche schizzo di pomodoro. Pizza fritta rotonda, fatta con i due dischi sovrapposti o calzone. Piccolo, grande, completo o meno. Scolato nell’apposito scolafritto bucato e avvolto nella carta paglia perché si assorbisse il grasso residuo. La pizza fritta è servita. La buona notizia è che essa è migliorata nettamente negli ultimi anni. Conosciamo l’amore e la cura di Enzo Piccirillo de La Masardona, premiato nella mia Guida come Migliore Pizza Fritta di Napoli e della Campania tuttavia la tipologia meriterebbe un approfondimento maggiore: una vera classifica della pizza fritta migliore. Ad esempio, come non riconoscere che la pizza fritta de La Figlia del Presidente è eccellente? Sono stata di recente da Maria Cacialli e da suo marito felice Messina, per lunghi anni al servizio dal padre di lei a Via Tribunali. Dal 2010 la pizzeria di Maria è a Via del Grande Archivio, a un passo da quel caleidoscopio di colori che il centro antico di Napoli, particolarmente felice in questi giorni di festa. Il locale di Maria, a meno di una scelta di colori differente, è assai simile a quello che era del padre Ernesto e che oggi vede al lavoro Enzo: grandi volte in tufo. Era un rifugio durante la seconda guerra mondiale, oggi una pizzeria da 140 coperti con varie sale e un’atmosfera gradevole. Al banco, mentre Maria e Felice, accolgono la clientela, ci sono vari operai, tra di loro il figlio della coppia Ernesto, il primogenito. Silenzioso lavoratore di 20 anni che Maria sogna di vedere grande come il nonno.
La pizza de La Figlia del Presidente è buona, davvero un esempio classico della pizza del centro storico. Ciò che merita una nota particolare è il fritto. In particolare, altra pietanza cult dello street food napoletano, la Frittatina: timballo di pasta condito con besciamella, carne macinata, piselli e pepe fritto come i crocchè, le paste cresciute e gli altri. E’ davvero 10 e lode. Come la pizza, fatta con la ricotta romana, che resta un po’ granulosa perché non lavorata. Così è tradizionalmente. E Maria alla tradizione è fedelissima.
Figlia del Presidente
Via del Grande Archivio, 23/24 – Napoli – www.lafigliadelpresidente.it – tel. 081.286738 – Chiusa la domenica (eccetto novembre e dicembre)
La Figlia del Presidente è nella mia Guida e nella App per Iphone e Ipad (1,79 euro su Apple Store).