Era il 1979 quando Girolamo D’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore (dai cui cognomi, “d’Araprì”) decisero di lavorare nel cuore della Daunia, in Puglia, Spumanti Metodo Classico valorizzando, in particolare, il Bombino Bianco, un vitigno, sembra, proveniente dalla Spagna, che alla base delle versioni in bianco di alcune importanti doc come Castel del Monte, Leverano e San Severo. Una produzione importante, anche tenuto o conto che quest’ultimo è stato il primo dei vini pugliesi a ricevere la Denominazione. Era l’anno del Signore 1968.
Per chi percorre anche al Sud le strade delle bollicine (passatemi il termine) autoctone resta quasi leggendaria, se non temeraria la loro impresa. Una scommessa che merita davvero un plauso, rinforzato ancor più dal livello qualitativo che hanno saputo raggiungere, livello che, in questi anni – con una produzione del tutto originale (che nel Sud ha contribuito a deviare dalla “via dello Chardonnay”) – consente loro di guardare dritto in faccia i vini di Franciacorta, Conegliano Valdobbiadene, Oltrepò Pavese e Trento.Il territorio è quello di San Severo, a ridosso del Gargano
Il Brut metodo classico D’Araprì (sboccatura 2009) , qualche sera fa, dal fondo del bicchiere di plastica rosa confetto dal quale mi parlava, si è fatto riconoscere immediatamente come un Metodo classico. Su questo pochi dubbi per il profilo al naso appena sottolineato da note riconducibili all’affinamento sur lies. Un naso lieve ma articolato, segnato dalla fragranza della crosta di pane e dalla delicatezza dei fiori bianchi e gialli, oltre che da un profumo di mela croccante. In bocca è piuttosto deciso, di carattere con un ingresso dritto e una buona capacità di avvolgere il palato e marcarlo con note di frutta e una rigenerante mineralità. Un vino di grande gradevolezza, di un’eleganza che è più giocata su una ricercatezza non ostentata che sulla perfezione pura e semplice. racconto ancora dettagli e come lo ho degustato, sul sito di Luciano Pignataro (vai).