Un incontro ravvicinato con il mondo che è dietro la porta della cucina, un viaggio le cui unità di tempo sono pomodori, pasta, sughi e pesci.
“Lo chef che fa belli il pesce spatola, gli sconcigli e gli scorfani” è Gennaro Esposito, lo chef stellato de La torre del Saracino di Vico Equense, ad un passo dal mare, nel cuore della Costiera sorrentina. Ringrazio come sempre Luciano Pignataro che ospita questo mio scritto nel quale racconto questo “campano che va”, la sua attività di valorizzazione della materia prima locale, dall’aragosta al povero (ormai non più) pesce bandiera.
Sono sempre di più i giovani trentenni e quarantenni che si dedicano allo studio e alle degustazioni di vino, che coltivano la passione per la cucina tramite serate a tema, seminari, corsi, visite in aziende. Molti sono laureati. Alcuni comprano, quando possono, un pezzetto di terra, con due filari di vite, due alberi d’ulivo o da frutta, un rudere e sfogano lì nel week end la fame di terra. Un cammino catartico li conduce al ritrovamento di un’identità più vera, inesplorata che fa capolino nei rari momenti del tempo libero.
Fiorisce intorno a loro un business che batte cassa. Gli uomini di marketing, con questo popolo in diaspora dalle metropoli, dall’indistinta realtà quotidiana, dai luoghi artificiali ne quali si consumano gli atti della vita giorno dopo giorno, dalla tam tam della comunicazione in punta di click, giocano a freccette disponendoli in fila, in cerchi concentri lungo il piano di comunicazione. E’incredibile , lo aveva detto già il direttore generale de Il Gambero Rosso pochi mesi fa alla conferenza stampa di presentazione della Citta del Gusto di Napoli (vai al post precedente) spiegando il successo dei loro corsi, quanti di loro facciano la grande inversione a u: dal mondo delle libere professioni alla cucina per professione, che dà loro libertà. Lasciano la toga e indossano il grembiule.
Ci ho pensato allora e queste riflessioni sono tornate in questi giorni di studio al borgo di Marina di Aequa, a Seiano di Vico Equense. Io stessa ho ritrovato una grande serenità, ho apprezzato i benefici della concentrazione su un’unica attività, per la gran parte basata sull’uso delle mani ma anche della creatività, del buon gusto.