“E se non possiamo pagare il conto, si lava anche i piatti”. Quante volte lo abbiamo detto? Io l’ho sempre trovata triste come prospettiva ma non sapevo fino a che punto quello del lavapiatti fosse un lavoraccio. A cinquant’anni un lavapiatti è considerato vecchio, diventa lento e non pulisce più accuratamente. Ma l’esperienza, la tecnica, gioca a compensazione. Lavapiatti come giocatori di pallone. Con il tocco magico, ma troppo vecchi per correre veloce.
Nel mestiere del lavapiatti, l’unica prospettiva felice è quella dello chef. Lui chiama il disgraziato all’opera al lavandino, a meno che non venga da sè, spesso e volentieri. A lui tocca portar via tutto quanto c’è da lavare: pentole, mestoli, cucchiai, coltelli. Oltre i piatti, le coppette e i bicchieri che vengono dalla sala. Che lavoro massacrante!
Se non c’è un giovinastro a farlo, tocca a lui rassettare i banchi di lavoro, ordinare qua e là. Vien voglia, al povero lavapiatti, di mollar tutto e scappar via. Immaginiamo. Tutti gridano al tuo indirizzo e tu sei sommerso di piatti e schiuma.
Non si può dire che il mondo filtrato da una bolla di sapone sia roseo o multicolore.
ùDi certo non ha un odore naturale. Candeggina, sapone per i piatti e ogni diavoleria profumante impregnano le giornate del malcapitato. Con lo sporco si lava via anche l’olfatto. Del resto quest’ultimo non serve che a scovare ogni traccia di cattivo odore affinché venga cancellato.
Quanta acqua, fatica e sfregamento stanno dietro il veder scintillare il bicchiere di questo o quel cliente o questo o quel tegame?
Ma la malasorte è sempre in agguato. Se nella furiosa corsa del lavapiatti una traccia di rossetto o una goccia d’acqua rimane stampata da qualche parte. Se un piatto si scheggia o se, peggio, un bicchiere cade in frantumi, son guai. Lo chef, o il boss, o entrambi, gridano con tutto il fiato che hanno in gola. E il lavapiatti ingoia l’ennesima amara bolla di sapone.
Prologo
Ho sempre detto che un giorno avrei cucinato senza preoccuparmi di lavare i piatti, mettendo tutto a soqquadro. Ma oggi mi trovo a rassettare e sfregare il mio banco spesso e volentieri pensando di risparmiare un pò di lavoro al lavapiatti che di solito è l’ultimo a lasciare la cucina di un locale.
Confesso che sistemare tutto dopo il lavoro quasi mi rilassa. Amo il profumo dell’aceto sull’inox.
Mi piacerebbe essere di quegli chef collerici. Quelli che tutti credono più brillanti di altri perchè hanno un brutto carattere e che quindi son certamente geniali.
Ma in generale credo che per far lavorare bene un proprio collaboratore bastino le carote. Ai bastoni pensa la vita. A patto che ognuno faccia il proprio lavoro meglio che può, onestamente e con educazione, il compito di un imprenditore è far felice i propri collaboratori come può. E deve. Buona giornata.