“O purp sadda’ cocer rind all’acqua soia” (il mio caro amico e consigliere Raffaele Bracale mi correggeraà, bontà sua!). Si dice così a Napoli per dire che il modo migliore per preparare il polpo è cucinarlo nella sua acqua, quella che rilascia da sé. Troppo nervoso, troppo gommoso, troppo molle. E’ facile sbagliare. Trovare il giusto equilibrio di consistenza e gusto è questione delicata .
Per traslato,del resto, nella vita di tutti i giorni quando una persona ha da valutare una situazione difficile o rivedere un comportamento troppo estremo si usa la suddetta espressione per dire che lasciandolo a riflettere da solo, appunto, potrà trovare la giusta soluzione. Saggezza dei nostri avi!
Per traslato,del resto, nella vita di tutti i giorni quando una persona ha da valutare una situazione difficile o rivedere un comportamento troppo estremo si usa la suddetta espressione per dire che lasciandolo a riflettere da solo, appunto, potrà trovare la giusta soluzione. Saggezza dei nostri avi!
Qualche settimana la mia attenzione è stata richiamata da un suono ripetitivo. Un colpo, come uno schiaffo. Una grande mano sembrava sbattere su una superficie dura e umida. Alzo il capo e scorgo un grosso scoglio lì giù a mare rendendomi conto che doveva essere almeno un’oretta che la “mazziata” andava avanti. . Un uomo con un berretto calcato sulla testa contro il sole le suonava senza pietà a tre polpi, dei quali uno golosamente grande. Il colpo del corpo allungato del polpo dava come rinculo una sorta di splash. Poi i tentacoli si distendevano sulla roccia nera e venivano trascinati lungo tra gli spuntoni di roccia. Lanciati in alto e sbattuti di nuovo. A un certo punto, un massaggio energico con una mazza piatta. Una sciacquata in acqua e poi un’altra cinquantina di colpi. Mi sono avvicinata. Con soddisfazione il pescatore mi ha mostrato la sua vittima più grossa dicendomi dove l’aveva presa. Mi lascia sempre a bocca aperta il mare quando regala a noi umani, bestie di quelle proporzioni e mi sembra di assaporare la sensazione di portarne a casa una e dividerla con la famiglia. Tutto questo mi è venuto in mente l’altra sera, al locale di Marianna Vitale, Sud, di fronte al piatto dello chef Mimmo Alba, chiamato semplicemente in dialetto: U purpu cottu cu l’acqua so su maionese di kiwi.
I tentatoli disposti come la chioma di una medusa. Pettinata di lato e decorata con un fiore. Se non fosse che le signore “purpe”, le “porpesse”, come le chiamiamo a Napoli, sono dure (e quella non lo era) avrei detto fosse femmina, quella nel piatto. Di cosa sapeva il piatto di Alba? Di mare. E di cosa sennò? E’questa la magica ricetta del polpo cotto nella sua acqua. Senza aggiunta di sale, come Alba fa in tutti i suoi piatti.