Dolce pasquale per eccellenza, a Napoli, la Pastiera è in ogni casa, accanto all’uovo di cioccolato, un autentico simbolo primaverile interpretato da ogni famiglia in maniera diversa. La discussione intorno alla tavola della festa su come debba essere fatta-con il grano cotto, intero o passato; con l’aggiunta di crema o meno; con più o meno acqua di fior d’arancio; più o meno alta, asciutta e umida; e, infine, più o meno colorita (arruscata) – occupa buona parte della giornata. Dopo l’assaggio, accompagnato dai liquorini tradizionali, si parte con i complimenti, le piccole critiche costruttive e il confronto con quelle degli anni precedenti e con quelle altrui ricevute in regalo. Si, perché la Pastiera è camaleontica: non viene mai uguale, è matematico. Del resto se così non fosse si perderebbe uno stimolante argomento di conversazione (ormai parte della tradizione quanto il dolce stesso) e “non ci sarebbe sfizio”. La Pastiera, va preparata per l’uso del proprio nucleo familiare, ma va anche regalata. In ogni condominio, a prescindere dagli impegni lavorativi, c’è sempre la persona che ogni Pasqua ne fa qualcuna i più per i vicini. Diventano leggenda le signore che ne fanno dieci, dodici, o più, grandi e piccole. Le trombe delle scale si riempiono del tipico odore dolce agrumato, già diversi giorni prima. Si dice infatti che la Pastiera debba “riposare”, che si esprima al meglio dopo un paio di giorni. Insomma: anche per chi non la fa da sé, salta sempre fuori un pezzetto di pastiera o un mosaico di pezzetti provenienti da varie case. E: prova questa della signora del terzo piano, quest’altra della zia, quella della suocera del cognato; ognuno riesce a star dentro alla tradizione anche senza ricorrere alla pasticceria.
Eppure la Pastiera è una. Al punto che è in corso l’istruttoria ministeriale per il riconoscimento comunitario dell’Indicazione Geografica Protetta per la sua tutela e diffusione. Una volta ottenuto il marchio, la vera Pastiera Napoletana potrà essere prodotta solamente in Campania e a Napoli, rispettando le indicazioni di produzione del disciplinare. Questo dolce ha una storia millenaria. E’ molto antica la tradizione di produrre, in tutta l’area del Mediterraneo, dolci a base di ricotta, uova e grano, ingrediente, quest’ultimo, che ha una speciale valenza nella celebrazione di riti di ringraziamento alle divinità e propiziatori di fertilità. Si racconta, poi, che re Federico II di Borbone abbia detto: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo” per via del fatto che la consorte, Maria Teresa D’Austria, soprannominata dai soldati “la Regina che non sorride mai”, avesse sorriso nell’assaggiare una fetta di Pastiera napoletana su insistenza del marito ghiottone.