Michelin 2010. Nino Di Costanzo del Mosaico va a quota due, Antonio Pisaniello della Locanda di Bu la prima, così come Michele Deleo de L’Accanto e Danilo Vuolo del Maxi dell’hotel Capo La Gala. Stabili gli altri. Il passo dalla seconda alla terza stella è un pò piu’ lungo per i ristoranti inseriti in guida. qualcuno perde una stella e qualcuna se le vede soppresse.
Sul sito di Luciano Pignataro (vai) “Tutte, ma proprio tutte, le Stelle ai ristoranti italiani della Guida Michelin 2010”.
Consideravo ieri, in giro per l’Irpinia, come sul fronte del vino e della cucina si stiano scrivendo pagine importantissime della storia regionale, in questi anni. Mi fa piacere di non essere troppo giovane e neanche troppo vecchia per osservarlo e per provare a raccontarlo. Sento di vivere un passaggio fondamentale e poi ricordo a me stessa che questa sensazione non deve essere nuova.
Un giorno potrò dire ai miei nipotini “ai miei tempi accadeva, questo… accadeva quello”. Forse loro diranno ai loro, lo stesso, come, a loro volta, han fatto i miei genitori. Tutto sembra essere sempre accaduto.
L’età adulta è quella in cui si comincia a pensare cosi’: alla storia e non piu’ solo al futuro.
Per tanti versi la Campania va, per tanti altri non va affatto. Per un giovane che si afferma, una decina mollano. Qualcuno non fa piu’ ritorno, qualcun altro serba, per la sua terra, un rancore che non gli consentirà di guardarla mai più con gli occhi buoni dell’innamoramento.
Io da anni percorro la mia strada sul filo del rasoio, contesa tra amore e odio. Giubilo e piango. Questa è la Campania: nobiltà e miseria. E molta titanica fatica.
Mentre la guerra per la sopravvivenza e la affermazione si combatte da soli, apparentemente contro gli altri, la vittoria è collettiva. La fortuna di ognuno è quella di riscontrare che ci sono ancora tanti altri che a testa bassa vanno avanti, forse sospinti da un destino ineluttabile che è per lo piu’ incernierato alla sola magra certezza che hanno: sono nati qua. Alcuni sono giovani. Sono indaffarati in cucina, in redazione e in enoteca. Li vedo e mi sento un pò meno il prodotto di una generazione elettivamente “difettata”. Mentre si gonfia in petto l’orgoglio passeggero per il loro successo, la loro storia alimenta la mia voglia di continuare a provare a raccontarla. m.p.