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Cosa vuol dire scrivere un nome sulla sabbia o su un muro? Sulla pelle?
Fissarlo per sempre, fino a che non venga cancellato via a forza. Dalle intemperie e dall’usura.
E metterlo sulla pizza, incorniciarlo con un cerchio di vaporosa pasta, imprimerlo sul pomodoro rosso fuoco? Dire: “sei una cosa buona”. “Sei da mangiare”.
“E infatti ti mangio”.
Non è la fine di tutte le pizze?
Avrà voluto dire questo il pizzaiolo di Alvignano (Caserta) che in articolo ho chiamato petite peste? Qui su Il Mattino.
Rossi e molti altri giovani come lui li conosco bene: vogliono fare a tutti i costi. “Vanno”.
Superare gli ostacoli che la propria amata terra gli impone, facendo bene. Benissimo. A costo di “scipparsi il mestiere” come del resto hanno fatto da sempre i pizzaioli. Sono come spugne.
Sono sistematici e avidi nell’ imparare: devono recuperare quel che il contesto – il Sud, la Campania, la provincia -da cui vengono non gli regala come ad altri.
Sono garbati, caparbi, a volte pedanti, ma genuini nel proprio fine: vincere.
Fino a un annetto fa nessuno conosceva petite peste, ma lui, forte di una famiglia solida e affettuosa, si è messo a studiare e a perfezionare la sua pizza. Oggi le immagini delle sue pizze parlano chiaro.
Con questa determinazione Pasqualino andrà lontano.