“Il sommelier va in pensione, arriva la lingua elettronica” è il titolo con la quale l’Agi (vai) rilancia la notizia dell’arrivo della ‘lingua elettronica’ in grado di distinguere le annate del vino e le varieta’ d’uva utilizzate. Il nuovo dispositivo che contiene una serie di piccole membrane sintetiche costruite su un unico chip di silicio e’ stato presentato da un gruppo di scienziati del Barcelona Institute of Microelectronics in un articolo pubblicato sulla rivista Royal Society of Chemistry journal The Analyst. E’ semplice da usare ed è portatile. Già qualche mese fa il Corriere della Sera (vai) aveva parlato di un robot sommelier messo a punto al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche dell’università di Milano oggetto di uno studio finito sulla prima pagina del Washington Post. “In un futuro non lontano i sommelier robot potranno sostituire quelli veri e raccomandare il vino nei ristoranti», affermava l’autorevole quotidiano secondo quanto raccontato dal Corriere. E’ definitivo, con la lingua elettronica, una volta di più: tutti a casa degustatori! O forse non ancora. Al momento è in grado di riconoscere 4 varieta’ e di distinguere le annate. Per andare a casa i sommelier, dunque, dovranno aspettare. Almeno per tutto il tempo che la nostra “lingua” va a scuola non hanno ragione di temere. Invero poi, il sommelier non c’entra nulla. Non tocca a me ricordare che la figura del sommelier è un tantino più articolata. Un pò promotore, un pò comunicatore e un pò mescitore. Infine un pò degustatore. Meglio sarebbe stato chiamarli degustatori. Ed anche in questo caso…Ma si sa come funziona l’informazione: il titolo è tutto. Ben venga la lingua elettronica: le pozioni che a volte ci si trova nel bicchiere possono ingannare il più esperto dei sommelier. O degustatore che dir si voglia. Specie perchè per quanto ampio possa essere il patrimonio di conoscenze che un individuo ha, difficilmente avrà dimestichezza con tutti i vitigni e terroir della Terra vitata. Ma anche a questo sopperisce il lavoro di gruppo e lo scambio e incrocio delle competenze. Oltre all’impegno e allo studio utili a colmare le lacune. Si chiama sensibilità, passione e rigore professionale. La capacità di degustazione è assolutamente individuale. Aristide a riguardo scriveva (vai) dell’attendibilità del test con il blu di metilene in mancanza di quello con il Prop. Se a evidenziarsi sono non meno di 35 papille gustative, si è un super-degustatore. Ma si può anche essere un non-degustatore e dover appendere “la lingua al chiodo”. Ben venga l’utilizzo degli “aggeggi” elettronici a supporto delle professionalità del vino, invece, ad esempio, per sventare le frodi, verificare il rispetto di disciplinari e costruire la tracciabilità di un prodotto. Nella degustazione, invece, un pizzico di “umano” ci sta bene. Giammai perchè possa prevale il gusto personale. Il giudizio finale su un vino, del resto , è comunque il frutto di una sommatoria di giudizi personali. E come tale, poi, si avvicina al vero. O almeno, in tutta onestà, ci prova.