il sommelier Ciro Potenza parla con Milanesi di Vesna |
In vista di un prossimo appuntamento degustativo, ripensare ai vini di Stefano Milanesi, assaggiati nella serata Koppert Cress al Palazzo Petrucci, mi ha suggerito questa riflessione. Ricordo di essere stata magicamente calamitata dal bicchiere quella sera.
Con i suoi 11 ettari e poco più di 11000 bottiglie in commercio, Stefano Milanesi è evidentemente un piccolissimo produttore.
Come tale, fa tutto da sè, o con l’aiuto dei figli: dalle vigne coltivate in regime di biologico alla gestione dei rapporti con la clientela, per la quale sbocca ( attenzione) su ordinazione il suo Metodo classico. Non da meno, la cura della parte enologica (incluso, mancandogli una comune pressa, l’utilizzo del torchio nella lavorazione dei suoi bianchi, racconta) nella quale vien fuori il suo estro personale. La sua idea di vino, tutta improntata alla natura e alla minimizzazione degli interventi, senza far troppo il filosofo e con estrema semplicità, è tutta qui: uva sana e matura (vendemmia sempre una settimana dopo i suoi colleghi, racconta); rame e zolfo e tanta cura in vigna; no al ricorso al legno per le fermentazioni; lunghe permanenze sui lieviti, scelta dei lieviti indigeni; no alle chiarificazioni, ma si a moderate filtrazioni e minimo uso dell’anidride solforosa.
Ma veniamo a un pò di storia. Sin dalla fine degli anni Novanta, inizia le sue sperimentazioni. L’azienda come è oggi prende il via nel 2000: Stefano decide di valorizzare le terre di famiglia, lasciando il suo impiego precedente, e di dedicarsi al vino che, prima di lui, i nonni avevano sempre prodotto e proposto come sfuso. Il suo è un progetto che punta alla qualità, una qualità che non è un concetto astratto, ma che sente intimamente e interpreta molto personalmente sperimentando di continuo.
A qualcuno, dice, appare strano che, a dispetto di una produzione molto piccola, lui proponga una gamma piuttosto ampia di prodotti. “E tutti hanno nomi di persone” sorride. Li sceglie senza troppi ragionamenti, un pò sull’onda di un impulso, e secondo il suo stile, per dedicarli a chi ama, a un momento divertente o un partner di lavoro.
“Qualcuno mi ha detto: quando si decide a fare 3-4 etichette? E io rispondo: non vedo il perchè! Non tutti gli anni l’uva mi dà lo stesso risultato, preferisco non far uscire quel vino e magari proporre un prodotto diverso, che esprima meglio le peculiarità di quell’annata” racconta Stefano con il suo fare affabile.
Decisamente i vini di Milanesi sono estremamente personali, diretti, e lontani da ogni sorta di omologazione. Basta assaggiarne alcuni e far due chiacchiere con lui per rendersene conto.
Vediamo i due che mi hanno favorevolmente impressionato:
Vesna Metodo Classico Nature (mia valutazione: 92/100) – etichetta che Milanesi dedica all’art designer Vesna Pavan – è uno Spumante da uve Pinot nero in purezza vinificate in bianco. Assolutamente conturbante.
Paglierino carico, con un perlage fine e continuo. Di grande importanza sia al naso che in bocca: pesca matura, crosta di pane fragrante, fiori di corbezzolo, litchi e foglia di fico; tutto su uno sfondo minerale (che in bocca si traduce in una vera e propria sapidità). Un vino di gran corpo e lunghezza che, mentre sembra sfumare, si riaccende trascinandosi dietro i profumi della pietanza a cui si accompagna. Per questa ragione, funziona bene bevuto a tutto pasto, su una cucina di mare elaborata magari (ma a me ha suggerito, in particolare, un grandioso Baccalà alla vicentina o una Bagnacauda).
Esce dalla cantina sboccato poco a poco, anche fino ai 41 mesi, a un prezzo competitivo: circa 22 euro.
Sorprendente è anche il Setteuve 2004 (mia valutazione: 89/100). Classificato come Vino da tavola, è prodotto con Riesling Italico, Vermentino, Trebbiano, Chardonnay, Cortese, Pinot nero vinificato in bianco e Pinot Rosa.
Un vino affascinante che ti si avviluppa al naso e alla bocca, che lungamente occorre scandagliare. E’ realizzato con una parziale fermentazione in botticelle di rovere.
Come tutti i vini di Milanesi è, anch’esso, giocato su un disarmante nitore al naso delle sensazioni olfattive che risultano potenti eppure non gridate. Il mix di vitigni e il lungo affinamento lo rendono un vino lussurioso giocato sul filo dell’ossidazione.
Perchè è esattamente così che Milanesi lo vuole, visto che non lo fa uscire prima, pur potendo. Eppure la corsa in bocca delle sensazioni è supportata dalla giusta acidità. Il sorso è lungo e pieno, con innumerevoli sensazioni che si rincorrono. Un’etichetta che rappresenta la filosofia del produttore nella scelta delle maturazioni (lo Chardonnay e il Riesling italico sono della vendemmia precedente, 2003, racconta Milanesi) mediamenete tardive.
Un vino che ogni anno è diverso per il sapiente gioco del blend che il suo autore interpreta secondo la sua esperienza e creatività. Un capolavoro che esce a circa 9 euro franco cantina.
L’OCCASIONE PER DEGUSTARE:
Il prossimo 15 dicembre, al Poeta Vesuviano di Torre del Greco (Napoli), i vini di Stefano Milanesi incontrano la cucina di Carmine Mazza (info: Telefono: +39 081 883 26 73- Mobile: +39 328 831 66 23- mailto:prenota@ilpoetavesuviano.it).
Sono in degustazione: MICAELA simpatico vivace da rifermentazione naturale, da Uve Riesling Italico; DULOS, selezione di uve Riesling Italico e FLEADH, spumante Rosè Metodo Classico Pinot Nero 100%.
Buon divertimento.