Anteprima Vitigno Italia, lunedì scorso, ha proposto, con la moderazione di Antonio Paolini de Il Messaggero, un incontro che ha visto l’intervento del professore Luigi Moio, del critico gastronomico Luigi Cremona e del patron di Vitigno Italia Chicco De Pasquale. Mi ha particolarmente colpito l’intervento di Moio, molto duro sui vini naturali. Parla all’indirizzo di chi crede di poter mettere da parte la scienza enologica, di “criminali”.
Questo il passaggio che riguarda il professor Moio che Luciano Pignataro, insieme alle altre notizie su Vitigno Italia snocciolate durante il convegno di presentazione e a qualche curiosità sul Greco di Bambinuto, sulla Falanghina spumante di Masseria Frattasi e sul progetto caprese di Joaquin, pubblica sul suo blog (vai).
Dal racconto:
Dal racconto:
– Un Moio (Ordinario di Enologia dell’ Università degli Studi di Napoli “Federico II”) pronto alla discussione, ha sviscerato due concetti: quello di vitigno autoctono e quello di vini naturali.
«Meglio parlare di vitigno storico e ancor meglio di vitigno acclimatato, di un vitigno, cioè, il cui ciclo si è perfettamente adattato al contesto in cui vive».
Circa i vini naturali, poi: «Il vino – ha detto – non è un prodotto naturale. L’uva lo è. Il vino non esiste in natura, è al più un metodo conservativo di una espressione sensoriale dell’uva». Il vino, insomma, è una creazione dell’uomo e come tale è l’uomo a indirizzarlo con la scienza enologica, dirà. Chi fa vini naturali pretendendo di far a meno di quest’ultima si muoverebbe, secondo il professore, su un terreno accidentato in quanto rischia una deriva organolettica e «sanitaria» del prodotto che Moio paragona a quella dei «formaggi irranciditi». Sul fatto poi che questi vini possano parlare del territorio, Moio lo esclude. I difetti sensoriali rendono impossibile la «riconoscenza sensoriale del prodotto e portano a un’omologazione planetaria. Vini così si possono fare in tutto il Mondo» conclude-.
«Meglio parlare di vitigno storico e ancor meglio di vitigno acclimatato, di un vitigno, cioè, il cui ciclo si è perfettamente adattato al contesto in cui vive».
Circa i vini naturali, poi: «Il vino – ha detto – non è un prodotto naturale. L’uva lo è. Il vino non esiste in natura, è al più un metodo conservativo di una espressione sensoriale dell’uva». Il vino, insomma, è una creazione dell’uomo e come tale è l’uomo a indirizzarlo con la scienza enologica, dirà. Chi fa vini naturali pretendendo di far a meno di quest’ultima si muoverebbe, secondo il professore, su un terreno accidentato in quanto rischia una deriva organolettica e «sanitaria» del prodotto che Moio paragona a quella dei «formaggi irranciditi». Sul fatto poi che questi vini possano parlare del territorio, Moio lo esclude. I difetti sensoriali rendono impossibile la «riconoscenza sensoriale del prodotto e portano a un’omologazione planetaria. Vini così si possono fare in tutto il Mondo» conclude-.