Un paio di giorni fa, lasciatami alle spalle la prospettiva dell’ennesima giornata nella metropoli puzzolente oppressa da una deprimente cappa di umidità grigia, alla fine di una passeggiata nell’alto casertano in cui mi sono quasi fatta portare dall’auto, fermandomi solo per scattare qualche foto ai castagni in fiore che rivestono, fin dentro alla caldera, come una seconda pelle, il vulcano di Roccamonfina, ho ritrovato questa bottiglia in un piccolo ipermercato di Mignano Monte Lungo, comune dal quale si accede agevolmente al Parco di Roccamonfina e Foce del Garigliano dove ha sede l’azienda dei fratelli Telaro.
L’azienda è collocata in quella enorme area vulcanica, la più antica della regione, contrassegnata dal vulcano estintosi 50000 anni fa e delimitata a sud dal Monte Massico, a ovest dai Monti Aurunci, a Nord dai Monti Camino e Cesima e a est dai Monti di Pietravairano e Maggiore.
La Falanghina Vendemmia Tardiva di Telaro 2008, che ci ricorda ancora di quali potenzialità, su terreni vulcanici, sia capace la Falanghina (qui fusa con un 15% circa di Sauvignon), è un vino maschio, con nessun vezzo ma una certa gentilezza dovuta alla vendemmia tardiva.
Il vino è pagliarino dorato, cristallino e consistente nel bicchiere. Il naso regala note di camomilla, ginestra, mandorla dolce e salvia. In bocca si esprime con due velocità: ingresso morbido e uscita agrumata, una rigenerante sferzata di energia. Nel mezzo la conquista del palato con una certa vellutatezza e pienezza che si accompagna a una significativa persistenza e sapidità. Ho immaginato di berla con dei bei gamberoni rossi del Tirreno fatti appena sfumare con un sorso di vino bianco e profumati con del pepe rosa macinato di fresco.
Tutti i dettagli della degustazione sul sito di Luciano Pignataro (qui).