La verticale di Ciro Picariello, il Fiano di Summonte (Avellino), alla Locanda Carafilia di Capriglia Irpina (Avellino) con le delegazioni di Campania e Puglia di Slow Food, con Gianfranco Gariglio il curatore della Nuova guida ai vini della Chiocciola, presentata ad Avellino (vai al post precedente).
Le annate, glass by glass
2004 Colore paglierino con riflessi dorati, brillante. Si muove con provocante lentezza nel bicchiere. In bocca (parlo della bottiglia più fortunata, la seconda) ha una grande dinamicità. Al naso ha tutti i connotati che in maniera più disordinata mostreranno gli altri campioni: profumi minerali e fumè, fusi a note agrumate, qui, piuttosto morbide, come di cedro candito. In bocca si rivela un vino grasso, con un attacco abbastanza morbido e che ha la capacità di conquistare il centro bocca, allargandosi con sospinto da una buona acidità. E’ abbastanza caldo e decisamente lungo. Pieno ed equilibrato. Un vino che sta bene anche da solo, ma che scopro a tavola ben sposato alle Tagliatelle con crema di baccalà su crema di broccoloni.
2005 Mentre si dice che la 2004, stia mettendo in evidenza dei grandi bianchi, non si può dire altrettanto per questa vendemmia. Il vino è di un paglierino quasi dorato, ma non ha la stessa lucentezza del precedente. Il naso evidenzia la suddetta nota evoluta, che va nella direzione di una nota minerale esasperata. Salmastra. Il vino ha grande intensità, ma non una grande ampiezza nel proporsi al naso. In bocca è decisamente più interessante, conservando una inaspettata acidità. Nel complesso però non entusiasma risultando come non coerente. Chiude sapido e abbastanza lungo.
2006 Si è raccolto a inizio ottobre, anticipando un po’ rispetto al solito perché, racconta Ciro Picariello, nell’ultima parte dell’annata ha piovuto molto.
Prima di rivalutare la 2004, come ho detto, la 2006, era stata la mia preferita. Lo resta per la sua finezza e freschezza, nonché per la presenza di una nota al naso, ben fusa con le altre, di nocciola tostata che va oltre un semplice fumè presente decisamente nell’annata successiva. In questo, come nella 2005 e nella 2007, devo rammentarmi che il vino non è filtrato, per cui non ha la limpidezza e luminosità da manuale che ci si potrebbe aspettare. E’ dei campioni che ho davanti quello che, con la 2008, per ragioni comprensibili, quello che mostra la più interessante prospettiva.
2007 Come il secondo campione, questo si presenta un po’ fermo nel bicchiere. La nota di pera, che pure è tra i descrittori del Fiano copre tutte le altre e risulta un po’ matura. E’ bene ricordarsi che è stata un’annata decisamente calda. L’agrumato, pure presente, con una nota fumè che è, bene o male, una costante di questi Fiano Picariello, si esprime con una nota di bergamotto, quindi gradevolmente amara. A dispetto di un profilo olfattivo un po’ stanco, il vino conserva una eccellente freschezza. Si vede che, come nella 2005, questo Fiano non è risolto, in cerca di un equilibrio tra naso e bocca.
2008 E’ una grande annata, questa, per i bianchi in Campania. Il vino ha tutte le cose a posto questo Fiano, pur essendo giovanissimo. Di certo nel tempo ne avrà di cose da dire. Sebbene non sia che un’anteprima, questa annata, con tutte le prudenze per un agrumato quasi citrino che può anche lasciar spiazzato il neofita, è da tenere sotto osservazione. In ragione della sua tenera età dona al naso una esuberante florealità, di fiori bianchi, delicati e, per questo, non è invadente. In bocca dà grande soddisfazione, ripulendo il palato con la sua acidità, si, ma anche avvolgendolo con il suo corredo saporoso. Ha un lungo finale, sempre accompagnato da piacevoli strascichi minerali, che convince proprio. E’ perfetto con il panzarotto fritto con Cardilli e mosto cotto.
Tutti i dettagli sulla azienda e le considerazioni, sul sito di Luciano Pignataro (vai).
Foto: Monica Piscitelli