Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, già Presidio Slow Food e, da domenica scorsa, nuova Dop campana, cresce a una altitudine compresa tra i 150 e i 400 metri sul livello del mare nelle campagne del Parco Nazionale del Vesuvio.
Al gusto è piacevolmente dolce e sapido. La conservazione in Piennoli lo rende, poi, leggermente amaro. La sua buccia, abbastanza spessa, la polpa compatta e a basso tenore di acqua, fa si, infatti, che i Pomodorini raccolti, secondo l’antica tradizione dei contadini vesuviani, intorno a uno spago legato a un cerchio, appassiscano leggermente in un ambiente asciutto e ventilato conservandosi, così, freschi, per tutto l’inverno. La loro tenuta nel tempo dipende dalla stagione.
Come è il Pomodorino in cucina? Mario Avallone, Monzù della Stanza del Gusto, mi risponde guardandomi attraverso i suoi occhialoni anni Settanta in celluloide nera appoggiato al bancone del Cheese Bar inserito ne La Stanza, in mezzo minuto. Con le consuete pennellate di sapore con le quali usa parlare. Nel suo locale di Via Costantinopoli, ieri sera, Casa Barone, l’azienda agricola di Massa di Somma (Napoli) di Giovanni Marino, autrice di un funambolico esercizio di biodiversità che la vede coltivare dalla frutta ai Pomodorini vesuviani, passando per l’uva, ha presentato il suo Caprettone e la sua Catalanesca. Tutto questo e molti più dettagli nel racconto che ne faccio sul sito di Luciano Pignataro (qui).