La storica verticale del Taurasi Campoceraso 2004 – 2001 – 1997 – 1990 – 1977
Cinque annate del Taurasi della famiglia Struzziero in degustazione con i commenti dei giornalisti Luciano Pignataro e Antonio Paolini, del sommelier Angelo Di Costanzo, del docente Slow Food Alberto Capasso e di Mario Struzziero, anima ed enologo della cantina di Venticano. L’azienda, a partire da Elisario, che la fondò nel 1920, ha sempre fatto tutto da sola rifuggendo il ricorso a consulenti esterni anche quando esso si è imposto come moda in tutto il Sud. Una splendida verticale arrivata a contemplare l’annata 1977.
Di seguito le note di degustazione di quest’ultima. Per le altre vi rinvio al sito di Luciano Pignataro che raccoglie il mio articolo e le foto. Inoltre a quello di Angelo Di Costanzo che a co-guidato la degustazione.
Taurasi 1977 doc
Eccoci alle colonne d’Ercole. Il rispetto di fronte a questo campione di longevità è d’obbligo. Sono poche le occasioni per bere un Aglianico che ha sulle spalle 34 anni. Il colore è aranciato e il vino completamente trasparente, ma ancora luminoso. Il naso, con i tratti distintivi del Taurasi di questa cantina, tradisce gli anni essendo pesantemente alcolizzato, ancor più che ossidato. In bocca però il vino non è scheletrito come il naso farebbe pensare, e il risultato è sorprendente. Raggiunge, nella sua versione più tradizionale che mai, questo Taurasi, una sobrietà che è emozionante.
Le prime impressioni di Vitigno Italia:
Non può far cilecca il Castel dell’Ovo: è troppo un luogo incantato, cosi’ com’è sull’isolotto di Megaride. Arrivo trafelata a Vitigno Italia proveniente dall’ennesima pizzeria da recensire e, parcheggiata l’auto, sento già il chiacchiericcio della gente che si è intrattenuta al Borgo Marinari per il pranzo. Riecheggiano le note di un mandolino. Risate. Sono le 15,00. E’ appena ora di pranzo a Napoli. Forse si attacca con i primi. La giornata è di tempo variabile ma fa caldo. Mentre cammino e fotografo qui e là penso. Ci sono due appuntamenti imperdibili per me del vino: uno è Vinitaly, ovviamente, e poi questo. E’ una questione di affezione che ha anche a che vedere con il fatto che per tre giorni è la Napoli più operosa, la più vivace, la più bella a mettersi in mostra. Il Salone quest’anno ha scelto di inaugurare alle 14,00 e bene ha fatto: un’oretta dopo il mio arrivo raccolgo i commenti soddisfatti dei produttori che iniziano a vedere le sale piene. C’è tanta gente ma anche ordine. Non è mai uno “sbevazzare” senza controllo, quello di Vitigno, cosa che invece accade nel week end a Verona. C’è sempre una certa sobrietà: chi viene lo fa con rispetto e curiosità. Bicchiere in mano cerca il contatto con i produttori. Ascolto un paio di loro, di cui una coppia, chiedere con sicurezza a un banco un’etichetta in particolare conoscendone il vitigno. E mi compiaccio. Napoli è attenta quando vuole, si distingue. Mi sento stupidamente orgogliosa. Faccio un breve giro nelle sale che danno sulla terrazza più in alto: semplicemente superba. La sala G e la D, un salto nello spazio di Agroprimos e a salutare il Vesuvio con Nicola Romano. Non bevo assolutamente nulla, a parte i vini della degustazione che precedono queste poche righe, ma vado via ubriaca di contentezza. E’ andata bene: ho fatto un giro con Pignataro e ho abbracciato un pò di amici di sempre.
Ho intercettato la squisita troupe della Rai in giro per il suo servizio ed ho salutato la delegata campana delle Donne del Vino con la quale si “confabula” della festa che si svolge, lo si è svelato stamani in conferenza stampa, il 29 giugno alla Villa Domi e che vede la collaborazione dei gioielli Regina, della Fabbrica delle arti con l’artista Giusi Laurino e che quest’anno si fa ancora più esclusiva e densa di contenuto. Si: mi sento nel mio elemento. Napoli quando fa cosi’, mi fa impazzire!