fotomonicapiscitelli |
Giuseppe Di Gerlando, il pescatore fotomonicapiscitelli |
Pierangelini al Salone del Gusto fotomonicapiscitelli |
C’era una volta il Gambero Rosso. Il nome è di quelli che avrete letto su innumerevoli insegne di ristoranti. Ma questo non è un gambero qualunque. E’ il celebre locale di Fulvio Pierangelini, nato l’8 marzo del 1980 e chiuso più di tre anni fa, ormai. E’ la storia di un cuoco, come ama farsi chiamare, che stamani si è raccontato nel primo dei Teatri del Gusto del neo inaugurando Salone di Torino. Esordisce con un significativo “non ho nulla da dire”, Pierangelini, che poi parte con una serie di suggestioni che descrivono il suo modo di vedere la cucina, mentre lo accompagnano gli interventi di Marco Bolasco e Stefano Bonilli. Si interrompe, Pierangelini, puntuale e maniaco per i dettagli, solo per controllare che in cucina tutto proceda per il meglio. Nessuno ha l’autorizzazione di toccare i gamberi. Va di scena stamani il suo capolavoro di semplicità, un piatto che gli ha dato gran fama, imitato in tutto il mondo , un piatto che, semplicemente, spiega, è il risultato della migliore materia prima: i ceci, l’olio e i gamberi. Dice molte altre cose interessanti Pierangelini, oggi consulente senza confini geografici. Tra le altre che questo piatto – nato per caso per offrire a casa sua un pasto al Marchese Incisa della Rocchetta, arrivato nel giorno di chiusura del suo locale – lo avrà preparato migliaia di volte, ma continua ad emozionarlo. Un piatto non nuovo, storicamente “di scambio tra terra e mare”, come già si faceva anticamente. Dice.
Insiste particolarmente, nel suo discorso, il cuoco, che la “cucina non ha bisogno solo di compositori, ma di musicisti, di perfetti esecutori”. In un momento nel quale tutti vogliono creare, lui ritiene che sia “meglio una perfetta esecuzione che un nuovo piatto inutile o un grande piatto eseguito male”. “La semplicità – aggiunge – non è il punto il punto di partenza, ma il punto di arrivo”. Per chi non l’ha mai assaggiata, la sua Passatina di ceci con gamberi incarna alla perfezione questa filosofia. Un piatto di disarmante semplicità, ma quasi da “incazzarsi” (scusate la licenza poetica) per la sua efficacia. Impalpabile e voluttuosa è la passatina, delicatissima. Ha una consistenza che, per chi di passatine ne ha degustate, non somiglia a nessun’altra. Perfetto il contrasto di consistenza con i gamberi, appena appena scottati, freschissimi e integri. Poi: un filo di olio extravergine, quello del cuoco. Un piatto che ha meritatamente fatto la storia della cucina italiana (Marco Bolasco ne scrive nel suo Cronache Golose – Slow Food Editore) e che, anticipa, Pierangelini Alain Ducasse per i festeggiamenti prossimi (mancano 15 giorni) del suo locale, gli ha chiesto di preparare. “Se i gamberi non sono freschissimi o se i ceci non sono quelli, il piatto non viene”. E allora parliamo dei gamberi. Dato il periodo, trovare nella quantità sufficiente quelli di Mazzara del Vallo non è stato possibile, e allora il mare di Sanremo ha regalato i suoi. A portare il suo pescato, è stato Giuseppe Di Gerlando, pescatore dai sedici anni che lavora sulla barca dei genitori Alfonso e Patrizia. Utilizza reti che arrivano fino a 700 metri perché i gamberi, specie in estate, scendono più in fondo in cerca di acqua fresca e lì si fermano a mangiare. Mi racconta che in questo periodo (a breve il fermo biologico), passandoci l’intera giornata, si porta a terra si e no una cassetta di prodotto. 5 chili in tutto, preziosissimi. Sono gamberi dal gusto delicato, quasi privi di sapidità, con un gran testone e dalla carne compatta. Insomma se questa notte Giuseppe non avesse scandagliato il mare palmo a palmo, il cuoco non avrebbe avuto il suo Gambero Rosso!