C’è chi impazzisce per la Nutella, chi per i dolci. Chi non rinuncia alla cioccolata. Io ho una passione per gli arancini. Tutti.
Un pò perchè amo il riso, e un pò perchè sono un’appassionata della frittura in genere, da buona napoletana. Non per nulla sono cresciuta al Vomero, dove, dopo scuola, facevo tappa fissa all’Antica Friggitoria Vomero. Erano gli anni Settanta e i tempi della paghetta settimanale. Chi non conosce questo locale ad un passo da Piazza Fuga? Non so quanti pezzi al minuto sfornassero già allora, tra arancini, “paste cresciute” e verdure di vario genere in pastella. Il pezzo forte erano i piccoli crocchè di patate. Chissà perchè ne ricordo sempre il prezzemolo tritato e la patata saporita e dolciastra.
Quando ancora le merende erano autentiche e semplici, erano loro i protagonisti. Si pagava al pezzo, come ancor oggi. Di tanto in tanto ci sono tornata in pellegrinaggio anche in età adulta è ho verificato che il locale è, bene o male, sempre lo stesso. Sotto una enorme cappa bollono eternamente i pentoloni dell’olio. Lì vengono tuffati, a ciclo continuo, i pezzi che vengono poi lasciati a scolare dall’olio su un recipiente di alluminio, forato. Ricordo ancora il rumore delle pinze con le quali con impressionante velocità la signora dietro al banco afferrava i pezzi fritti per depositarli in un semplice sacchetto o cartoccio. “Tic, tic, tic, tic”, fino a 500 lire o a mille lire. Anche tremila, quando se ne voleva portare qualche assaggio a casa. Io non ho mai resistito alla tentazione di aprire il pacco, strada facendo.
Mi è venuto in mente tutto ciò, rileggendo il pezzo che Luciano Pignataro ha pubblicato sul suo blog oggi (vai). Si parla dell’Arancino di riso e verza su passatina di verza, pomodori secchi e acciughe di Marianna Vitale, la chef di Sud, il locale di Quarto del quale raccontavo giorni fa (qui e qui).
Avevo immortalato il suo arancino, prima di mangiarlo, ammirandone la perfetta rotondità. Una volta assaggiato, mi aveva colpito come fosse assolutamente perfetta l’interpretazione del riso e verza, altro classico della cucina napoletana. Insomma: un signor Arancino, che affronta questo Millennio con la dignità di un’antica ascendenza popolare.