Con molto piacere riprendo questo articolo a firma di Franco D’Amico, di Slow Food Volturno, pubblicato domenica scorsa sul Portale di Pignataro Maggiore. m.p.
Bisogna arrampicarsi in alto, tra i paesaggi incontaminati dei monti Trebulani che guardano alla pianura campana, per rendersi conto della spettacolare visione che si estende nella direzione dell’Alto Caleno. Il gruppo del Monte Maggiore, imperioso nella catena dell’Appennino campano in Terra di Lavoro, è il punto di partenza del nostro viaggio che ci porta verso le colline di Giano Vetusto, a quota 225 mt. sul livello del mare, alla volta della selva della Marotta, ripercorrendo un’area nel tempo interessata da tratturi testimoni di antiche transumanze e tradizioni.
TRA NATURA INCONTAMINATA E STORIA ANTICA
Trebula Balliensis è già lontana e dopo avere attraversato il paese di Formicola la strada da intraprendere è quella diretta alle frazioni di Fondola e Cavallari, prima di lasciare l’area trebulana per immettersi nella parte alta dell’Agro Caleno. Il fascino del paesaggio rurale e i borghi montani incontrati rivelano storia antica ed espressioni della gente di montagna, impegnata da sempre nelle attività agricole e nella pastorizia. Castagneti, boschi di querce e ginestre spettinate, che aspettano l’inverno nascoste tra dolomitiche pareti rocciose e casali contadini, fanno da sfondo naturale alla cornice montana che circonda tutta la valle. Ma bisogna ancora salire per giungere sino al borgo di Croce, sparute case che ci rammentano il sentiero che porta al Santuario di S. Salvatore, raggiungibile dopo due ore circa di cammino. Prima di arrivare al caseggiato di Rocchetta e Croce, si nota giù infinito l’agro caleno, il Massico, la pianura di Terra Felix, la più fertile di tutte le terre, e poi lontano lo sguardo si perde sino al mare.
Da Rocchetta il percorso prosegue alla volta di Giano Vetusto, arrivando nel borgo antico di Rocciano, contornato da splendidi uliveti di corniola preparati a festa per la raccolta. La Chiesa di S. Martino, forse la più antica della zona si trova in un’area bellissima che ha bisogno della giusta rivalutazione e collocazione, a sprone dei giovani di oggi e delle future generazioni, affinché nell’area si riprendano quelle attività agricole e di allevamento abbandonate, svolte dalle popolazioni locali nei tempi andati, ed ora rimaste solo ad appannaggio dei meno giovani e anziani.
Uliveti, allevamenti di suini e verdi pascoli attraversati dai pastori facevano di questa terra una delle più prolifiche dell’area calena, attraverso gli scambi di prodotti del territorio come i formaggi, il vino e l’olio, tra i comuni della zona pedemontana di Pignataro Maggiore, Calvi Risorta, le masserie di Giano alle spalle dell’antica città di Cales e Camigliano. Le materie prime giungevano nelle valli vicine attraverso le mulattiere ancora oggi esistenti, infatti, ricordo da ragazzo quando arrivavano i contadini da Giano con i loro muli carichi dei prodotti della terra, che venivano a rivendere al mercato, “parcheggiando” i loro muli vicino al frantoio Martone collocato all’inizio della zona chiamata tuttora Monteoliveto, ora scomparso.
IL SUINO CASERTANO RITORNA NELL’ALTO CALENO
Scendendo dal centro antico di via Pozzilli di Giano Vetusto bisogna svoltare verso Camigliano per arrivare alla meta, e la selva della località Marotta si incomincia a intravedere sulla destra. Anche qui troviamo tra la campagna e le dolci colline interne con uliveti e vigneti, laddove si coltivava quell’antico vino “Caleno” di cui le ultime tracce risalgono alla Statistica Murattiana redatta dal Canonico Francesco Perrino nel 1814, che cita “Nella estensione de’ monti di Calligola…sono pregiati i vini bianchi di Pignataro, alcuni de’ quali sono certamente il vino Caleno”, poi la devastante fillossera. Ma la sorpresa è sicuramente quella di notare a vista l’Antica Fornace, un complesso artigianale di età romana, che fa da ingresso all’area del nuovo allevamento allo stato brado di suino casertano dell’azienda “Amico Bio”, condotta dal giovane imprenditore agricolo Angelo Aiezza, che d’iniziativa ha ripulito e rinfrancato l’area archeologica, preda dell’incuria.
Nel sito agricolo, notevole la scoperta di antiche grotte e cave di tufo a ridosso del rio Maltempo di cui si erano perse le tracce, sconosciute anche ai non più giovani di Giano, da cui gli antenati caleni ricavavano la materia prima per le costruzioni dell’epoca. Aiezza, già impegnato da tempo nella selezione della razza Casertana, che appartiene ad una popolazione antica descritta nel I secolo d.c. dallo storico Columella nel suo “De re rustica” e sembra che il suo antenato diretto sia il suino di ceppo romanico presente in tutto il bacino del Mediterraneo, ha inserito l’allevamento in un contesto certificato biologico dove gli animali vengono lasciati liberi all’interno di una zona boschiva, adeguatamente riattata dopo mesi di intenso lavoro.
La boscaglia fitta e impenetrabile è principalmente composta da querceti, che con la produzione di ghiande rappresentano la primaria alimentazione del suino casertano allo stato naturale.
UN GIOVANE CASARO VERSO L’ANNO TREMILA
Carmine Bonacci, un giovane di soli vent’anni del posto, studi in agraria, lancia la sfida ai suoi coetanei con una bellissima avventura come allevatore di capre e pecore dell’Appennino campano per un futuro da casaro caleno, raccogliendo il testimone donato alle giovani generazioni da Manuel Lombardi, produttore del Conciato Romano dell’Azienda Le Campestre di Castel di Sasso, quale presidio Slow Food per eccellenza della provincia di Caserta e con la fattiva collaborazione del noto casaro Peppe Iaconelli dell’azienda Optimun Sancti Petri di S. Pietro Infine, che stanno seguendo il giovane, anche per inserirlo in futuro nel contesto del Presidio stesso dell’area trubulana-calena.
Il progetto di cui tempo fa discutevo con Carmine si è realizzato e il giovane, tenace e determinato, ha mosso già i primi passi inserendo i suoi animali nel contesto ambientale e allo stato brado della stessa località Marotta di Giano Vetusto, costruendo stalle e ripari integrati nell’ambiente rurale, dove gli animali sono liberi di pascolare, in attesa delle prossime produzioni di formaggi.
LA FORNACE ROMANA TRA LA SELVA DELLA VALLE MAROTTA
Sulla via degli antichi Romani a Giano Vetusto ai piedi del Monte Pozzillo, in località Marotta, si possono visitare gli scavi, effettuati nel 1992, che hanno riportato alla luce un impianto artigianale di epoca romana, costruito e ristrutturato in due diversi periodi. Questo è testimoniato dalla presenza di diverse tecniche di lavorazione. Ad un primo periodo, II sec. a. C., appartengono due grandi vasche a pianta rettangolare con pareti in “opus incertum” e pavimento in “opus signinum”. Al secondo periodo, I sec. a. C., appartengono invece una fornace per la produzione di anfore vinarie e di laterizi, costruita a ridosso delle due vasche, e la trasformazione della vasca più grande in una cisterna che è costruita in “opus maximum” e una sola parete in “opus reticulatum”. Su area archeologica ulteriori dettagli – http://www.prolocojanus.it/).