Sono sempre meno i motivi validi e le novità forti tali da stimolare i viziati giornalisti e blogger influenti del food ad andare in giro. Molti dalle proprie scrivanie hanno preso a rimaneggiare in maniera infinita il materiale d’archivio. Piuttosto che andare in giro per vedere le stesse facce …
Però non c’è da biasimarli: tutto sembra già visto, gia detto e già degustato. I produttori, i pizzaioli, gli chef (forse questi sorprendentemente meno di altri) sembra che vivano un momento di esaltazione tale da pensare che perfino chi li ha scoperti e ha contribuito al loro successo – precorrendo i tempi – ne sappia meno di loro. Molti colleghi restano a casa esausti o si chiudono in redazione, mentre l’ondata dei nuovi blogger avanza.
Il tempo è sempre meno. Si corre e si lasciano che altri corrano quel che si è già corso.
Ma stasera – a Oli d’Italia di Gambero Rosso mi son ricreduta.
Ci sono andata su gentile sollecitazione e perché adoro il Palazzo Caracciolo di Via Carbonara. Per il suo stile understatement e la sua oggettiva bellezza.
Serena Maggiulli è la solita ottima padrona di casa. Hotrovato diverse ragioni eccellenti per trattenermi oltre quel che immaginavo.
1. La musica dei Lunare Project che, lo dice bene il nome, è lunare. Ambient, chill out, elettronica … di eccellente gusto. La conoscevo ed è stata una buona conferma.
2. La Falangina di Terre Stregate, Tre Bicchieri nella Guida Gambero Rosso 2016. Non mi era mai passata nel bicchiere e gli ottimi sommelier dell’Ais Napoli me ne hanno riservato un goccio servito in pochi minuti a temperatura impeccabile. Beh, l’assaggio dimostra la efficacia di questo prodotto. Quadrato, senza sbavature. Gradevole al punto giusto, ma anche sul filo della eleganza.
2.a. Ho gradito anche l’assaggio del Greco di Tufo di Terredora cui mi dedico quando posso perché l’azienda di Daniela Mastroberardino non sbaglia un colpo. IN questo millesimo, 2014, se non erro la la trovata più tagliente del solito, più esasperatamente minerale, con la nota di zolfo tanto ricercata molto in evidenza. Impeccabile in ogni suo aspetto e meno grasso di come lo ricordavo.
2.b. Altrettanto buono il Fiano di Manimurci. Una bella interpretazione senza esasperazioni, con le note mielose e di mela verde sottili e una bocca rigenerante e lunga.
3. L’olio ovviamente, quelli migliori d’Italia esposti con eleganza. Tra gli altri il raro di Madonna dell’Olivo. Prima bottiglia della azienda è stata il 2005. Il denocciolato è un blend di Rotondella e Ravece e come tale ha ricevuto, unico olio campano, il premio Speciale del Gambero.
4. I dolci diRraffaele Capparelli. Ho già avuto occasione di elogiare il suo babà. Ma è la prima volta che ho il piacere di vedere il maestro pasticcere con il suo capellone fuori dal suo laboratorio. Posso assicurare che è raro, visto che non ama i riflettori. E’ stata questa una buona ragione per trattenermi con lui e sua moglie. Il Maestro di via Carbonara ha proposto una molto interessante pannacotta con olio evo. Ci abbiamo messo – visto che Raffaele cercava il contrasto – proprio l’olio di Madonna dell’Olivo. Poi ho assaggiato Babana, una “palletta di babà”, tutta bianca come una palla di neve, e ripiena di crema di latte impalpabile. Il nome unisce quelli di due suoi piccoli di casa: il cane Babà e la figliola Ana. : )
Il risultato ottenuto al gusto è super: leggero e dolce al punto giusto, come i dolci di Capparelli, che trova sempre la giusta misura.
5. I Pani di Massimiliano Malafronte di Gragnano. Allora esiste la varietà anche in Campania? La risposta è si. Lievito madre, cereali, segale e tutto quello che sognate. Grissini, Crackers, pani grandi, piccoli, panini. Non c’è limite alla fantasia e sono tutti straordinari.