La presentazione, per la estate 2025, della Carta delle pizze di Francesco Maiorano, titolare della pizzeria San Francisco di Tramonti, all’Hotel Graal di Ravello, mi ha dato la occasione di ritrovare il lungo contributo che ho scritto per il libro di Slow Food, “Pizza una grande tradizione italiana” nel quale, a cura di Antonio Puzzi, mi trovate come autore con Tullio De Mauro, Marino Niola, Luciano Pignataro e altri.
Trovate il pdf qui:

Montanarine e ripieno all’Hotel Graal di Ravello
Nel 2013, invitata dal Comune di Tramonti, mi accingevo a scrivere un libro a riguardo a quattro mani con il collega Luciano Pignataro. Si diede vita su impulso del Comune, con l’assessore Vincenzo e i sidanco del tempo Antonio Giordano, e del pizzaiolo alessandrino del “il pizzino”, Giuseppe Giordano, del casaro Uno straziante addio ai monti, e al mare, a metà del secolo scorso portò i tramontini a lasciare la propria terra.
In tasca, poco più che un’Arte e la voglia di costruire il proprio futuro.
Non erano pizzaioli, ma uomini e donne che in casa facevano il pane, come tutti al tempo in questi piccoli centri. Ed erano vicini alla terra e alle bestie che tradizionalmente, in questo incantevole angolo di Costiera strappata alla roccia, regalavano il latte per fare il formaggio.
Poco altro che questi saperi avevano in valigia quando partirono alla volta del Nord Italia, fieri delle proprie radici e determinati a conservarle.
Uno di loro particolarmente intraprendente giocò la sua carta, sfidando il destino: fare il Fior di latte come sapeva. E poi perché no? Con esso, fare la pizza!
Oggi come oggi qualcuno potrebbe chiedersi: Ma la pizza di Tramonti esiste? E dove?
E’ certamente una Deco, ma questa potrebbe essere “una trovata” che non ha riscontro nella vita reale, come talune etichette del mondo della amminstrazione pubblica.
Esiste una Associazione dei pizzaioli di Tramonti? E che fa?
Esiste ma potrebbe essere più attiva certamente. O agire diversamente.
Insomma: pizza e pizzaioli ci sono. E sono tanti almeno a portarne il nome, soprattuto tra Novara e Vercelli. Taluni hanno certamente anche la targa che ricorda di essere un artigiano simbolicamente incaricato dalla Comunità di provenienza di portare avanti la tradizione.
C’è un futuro?
A giudicare dal fatto che un hotel come il Graal di Ravello punti su questa specialità per la sua prima avventura nella pizza, si direbbe anche che la pizza tramontana è perfino una specialità che ha una attualità.
Riporto di seguito un pezzetto del mio contributo al libro di Slow Food, antipasto di un ben più ampio lavoro che si era iniziato con l’amministrazione nella persona del Sindaco Antonio Giordano, dell’assessore Vincenzo Savino, oggi presidente della Corporazione dei Pizzaioli Tramontani, con l’attività di ricerca del past president della stessa Giovanni Adamo; del pizzaiolo Giuseppe Giordano; della vedova di Aurelio Giordano, Rita Fierro; di Emilio Giordano della pro loco di Tramonti; dell’oste Luigi Reale; dell’antropologo Carlo Capello e del giovane Gianluca Pasqua.
Ecco l’inizio di quell’articolo a mia firma per il libro di Slow Food, “Pizza una grande tradizione italiana”
3000 pizzerie o 3000 anime? E’ questo il più grosso interrogativo sospeso per chi indaga su quella che oggi è l’affascinate e tuttavia misconosciuta “Storia dei pizzaioli di Tramonti”.
Per il resto l’emigrazione in massa degli abitanti del piccolo comune della Costiera amalfitana “intra montes ubertas” (4150 anime nel 2013) per metter su attività commerciali nel settore ristorativo e caseario è una vicenda avvincente e sorprendentemente poco nota che intriga per la sua originalità.
Al suo attivo essa ha la De.Co comunale “Pizza di Tramonti o Pizza alla tramontana”, una serie di interessanti articoli datati su “Tramonti nel Mondo”, una Associazione professionale, un paio di censimenti, una ventina di Festival della Pizza, un paio di convegni che ho avuto il piacere di moderare, una manciata di locali che propongono la suddetta specialità e molti tentativi di inquadramento.
Non poco, tutto sommato, considerando che questa epopea, seppure di incredibile impatto emotivo e di recente interesse scientifico, riguarda un piccolo comune senza un centro, diviso in 13 borgate, nei foschi Monti Lattari, tra il Golfo di Napoli e quello di Salerno.
A partire dal 2010, anno della De.Co, mentre a Napoli si configurava l’esplosione della odierna “pizza mania”, i tramontani, con maggior vigore, hanno cominciato a credere nella potenza della propria vicenda e specialità. Ma non ancora, con l’eccezione di occasioni sporadiche, tra le quali l’annuale Festival della Pizza, le anime di questa storia si uniscono per valorizzare insieme questa pizza primordiale, frutto residuale della cotta del pane e del pane biscottato tramontano che ha sempre preso le opposte direzioni dei monti e del mare ad opera di pastori e marinai, grazie alla sua facilità di conservazione.
E, visto che “la carne a cuocere è già tanta”, a corollario di questa vicenda, vale la pena ricordare l’ipotesi, suggestiva, ma non ancora supportata da documenti, azzardata da alcuni tramontani: di doppia primogenitura, di pizza con il latticino e dello stesso Fior di latte, a dispetto di Napoli e Agerola che ne hanno fatto i propri simboli distintivi.
Nel secondo caso, dicono, essa sarebbe suffragata dall’intricata rete di parentele che intercorrono tra tramontani e Mandara di Agerola, indiscussi pionieri del latticino, e scorre lungo i sentieri che, scavalcato il Valico di Chiunzi, hanno portato gli abitanti di Tramonti, a Napoli per vendere, in gran quantità, grazie al privilegio tributato ai tramontani da Re Ferdinando I di Aragona come ricompensa per averlo aiutato durante la battaglia contro gli Angioini, i propri prodotti sin dal XV secolo.
La detonazione, in questa ricostruzione, arriva, poi, quando concludono che l’unica “Muzzarella” ampiamente diffusa anche nel XIX secolo, e quindi anche ai tempi della creazione della Margherita, era il Fior di latte dei Monti Lattari e che era certamente proprio esso ad essere stato utilizzato dal pizzaiolo napoletano Raffaele Esposito per realizzare la famosa pizza dedicata alla Regina di Savoia.
In effetti la pizza descritta nel Disciplinare della De.Co, e che troppo poche pizzerie sul posto preparano, il latticino, lo prevedeva anticamente, dato che i tramontani erano tutti un po’ casari per il fatto di avere all’attivo del piccolo patrimonio familiare un po’ di terra e una vacca di razza locale.
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