Alla fine di un pasto impegnativo, si è come indifesi, vulnerabili: la carrellata di pietanze, il lungo chiacchiericcio tra commensali la fatica del “solleva e abbassa” posate e calice, può essere sfiancante. E’ questo il momento che decide la sorte del pasto: alzarsi da tavola con una ancora dignitosa sensazione di leggerezza e con un gusto piacevole in bocca che comanda al cervello il “basta per oggi”, o finire nelle paludi di una bocca impastata e di uno stomaco che grida sollievo; o, peggio, un secondo giro di giostra. “Un arrivederci dolce ma non troppo” è la sfida che ogni viticoltore che si cimenta nell’arte del far passito si pone. Le Cantine del Notaio di Rionero in Vulture (Potenza) sono tra le aziende che sono storicamente, con un’alternanza dovuta all’annata, riuscite a catturare l’essenza di questo funambolico gioco d’equilibrio tra dolcezza e freschezza. Le uve, per il 75% Moscato del Vulture e per il resto Malvasia del Vulture sono coltivate su due ettari di terreni di origine vulcanica. Il vino è giallo ambrato e cristallino. Il naso è complesso ed evoca immediatamente una campagna del Sud. Eppure tra gli altri frutti che volteggiano tra naso e bocca, è proprio l’uva la più viva. E’ lei il segreto di questo passito. Il mio racconto di questa degustazione sul sito di Luciano Pignataro (vai).